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Comunicare la sovra-diagnosi

Comunicare la sovra-diagnosi

Marco Petrella - Ausl 2 Umbria

22 ottobre 2013 - Si è svolto a Torino il seminario “Screening mammografico: conoscenza scientifica, controversie e incertezze” (25 ottobre 2013). Nel corso dell’evento, organizzato nella cornice del convegno annuale Gisma, sono state affrontate alcune delle criticità relative allo screening mammografico e alla sovradiagnosi:  

  • il merito della controversia (affrontato nell’intervento di Eugenio Paci) tra la posizione dei ricercatori Cochrane, l’UK Indipendent Panel ed Euroscreen, con importanti differenze nelle stime dell’entità del fenomeno che tuttavia, nel Sistema sanitario del Regno Unito non porta a modificare l’impegno nello screening, bensì a rivedere profondamente i materiali informativi
  • il lungo e difficile processo di applicazione delle linee guida europee sulla comunicazione dei limiti e delle incertezze, alla luce di limitate e disomogenee esperienze italiane (consulta l’intervento di Livia Giordano)
  • il materiale che dovrebbe costituire la base dell’azione comunicativa in Italia (di cui ha parlato Marco Zappa nella sua presentazione) consistente in una dichiarazione, un breve approfondimento e una versione “narrativa (pdf 73 kb)
  • l’utilizzabilità degli studi osservazionali di buona qualità e di notevoli dimensioni resi possibili dall’impianto informativo e valutativo degli screening organizzati (per approfondire vedi l’intervento di Fabrizio Faggiano), laddove il loro rifiuto da parte di Cochrane e UK Indipendent Panel comporta che le stime della sovra-diagnosi dipendono da un unico studio non progettato per questo scopo
  • l’impatto sulla pratica clinica di un fenomeno virtuale non riscontrabile a livello individuale (affrontato da Francesco Sardanelli), che al momento si può tradurre solo in una maggiore attenzione a evitare le conseguenze in termini di sovra-trattamento (in parte possibile già alla luce degli attuali protocolli) e in un impulso alla ricerca su migliori indicatori prognostici  
  • la posizione Cochrane, messa in pratica dall’UK Indipendent Panel, di escludere dalla valutazione del fenomeno tutti i ricercatori che avessero avuto un ruolo nello screening in quanto presunti portatori di un conflitto di interessi (vedi l’intervento di Giorgi Rossi), con il rischio concreto di valutazioni “incompetenti” e prive del ruolo portante della “congettura” interpretativa su cui si basa il ciclo della ricerca scientifica
  • l’applicazione dei principi di una buona comunicazione istituzionale al tema della sovra-diagnosi in un contesto di controversia e l’analisi del nuovo materiale informativo inglese (di cui ha parlato Carla Cogo nella sua presentazione)
  • le modalità organizzative per favorire un reale coinvolgimento dei cittadini-utenti nella costruzione di materiali informativi (argomento affrontato da Roberto Satolli), ponendo attenzione al diverso punto di vista sia sulla interpretazione dei numeri sia sull’importanza attribuita agli stessi
  • la necessità di alleanze con soggetti esterni al mondo degli screening per affrontare la sfida comunicativa (guarda la presentazione di Marco Petrella), resa ancora più urgente da un tema così complesso e dibattuto.

Durante la discussione della tavola rotonda, moderata da Eva Benelli, c’è stata inoltre la possibilità di approfondire:

  • il ruolo dei medici di medicina generale (discusso da Manuela Lerda), centrali come mediatori di informazioni corrette presso i loro assistiti, ma in difficoltà rispetto a un tema come la sovra-diagnosi che solo recentemente sta assurgendo a tema prioritario nel campo della diagnosi precoce su base opportunista o di screening non validato
  • il ruolo delle associazioni dei consumatori (affrontato da Daniele Caldara), che hanno fin qui difeso il diritto dei loro associati a poter accedere agli screening organizzati dalla sanità pubblica, ma che rischiano di restare confusi dalla esplicitazioni di limiti che secondo una parte del mondo scientifico potrebbero mettere in forse il bilancio danni/benefici dello screening mammografico.

“Fare di più non sempre è fare meglio” è lo slogan da cui Sandra Vernero ha cominciato il suo intervento sulla Slow Medicine e gli screening organizzati, visti come una modalità di intervento mirati a minimizzare i rischi di sovra-diagnosi attraverso una progressione razionale degli esami di approfondimento e adeguati intervalli tra gli episodi di screening.

Il dibattito finale ha sottolineato i punti nodali da sciogliere per avviare un processo comunicativo coerente con i contributi raccolti:

  • come conciliare l’assunzione di responsabilità dei programmi di screening mammografico organizzati nell’offrire un percorso di cui si sostiene la validità, esplicitando al contempo l’esistenza di un effetto collaterale così complesso e considerato da altri ricercatori di entità tale da annullare gli effetti benefici dello screening
  • come dare spazio e ascolto all’espressione di pareri da parte dei cittadini e di altre competenze esterne agli screening, che partono da punti di vista diversi, indiscutibili come tali, ma non sempre accettabili in termini strettamente razionali o comunque lontani dalla formazione e dalle esperienze degli operatori dello screening
  • come conservare all’interno dell’approccio narrativo la dovuta concretezza e precisione, dosando la disponibilità di dati numerici alla luce delle avvertenze sulle diverse letture e i possibili fraintendimenti a cui tali dati possono essere esposti.

È stato un seminario particolarmente ricco e incisivo e le presentazioni messe a disposizione sul sito rendono solo in parte l’importanza dei contributi.