La rendicontazione sociale dei programmi di screening oncologici

Il 6 dicembre 2022 si è tenuto il corso Consapevolezza e coinvolgimento per una sanità di valore: la rendicontazione sociale dei programmi di screening oncologico organizzato, durante il quale sono stati presentati i risultati del progetto Linee guida per la rendicontazione sociale dei programmi di screening, finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) e dal ministero della Salute nell’ambito del programma Ccm 2019. Cinzia Campari, responsabile del Centro screening oncologici dell’Ausl - Irccs di Reggio Emilia, ci racconta l’esperienza di Reggio Emilia come unità coinvolta nel progetto di stesura del bilancio sociale dello screening del collo dell’utero.

1. Qual è stato l’obiettivo principale del progetto?
Innanzitutto, vorrei ricordare che una prima proposta da parte del ministero della Salute di avviare un percorso sperimentale sulla rendicontazione sociale nei programmi di screening risale al 2010 e aveva coinvolto tre realtà territoriali italiane, una delle quali nel Sud Italia. Già allora il ministero della Salute aveva posto l’accento sull’importanza della rendicontazione sociale nel settore sanitario, forse più nell’accezione di “rendere conto” che di coinvolgimento dell’utenza in questo processo. In questo senso, la sperimentazione del 2010 è stata più un processo di rendicontazione verso l'esterno che un'analisi verso sé stessi. Il progetto Ccm, iniziato nel 2020 e terminato nel 2022, è partito da questa esperienza che aveva già messo in evidenza la necessità di dare visibilità ai programmi di screening non solo come diffusione di una cultura della prevenzione e delle finalità sociali e sanitarie dei programmi di screening, ma anche come visibilità del processo che sta dietro alla complessa organizzazione di un programma di screening, cioè fare conoscere al cittadino ciò che non è visibile. Per esempio, l'esecuzione di un esame diagnostico come la mammografia è un risultato tangibile, quello che non è tangibile all'utenza è proprio tutta l'organizzazione a monte, e il più delle volte la complessità del processo si esplicita proprio a questo livello. Con ciò intendo dire che l'esame mammografico è il risultato a valle, visibile e tangibile, ma tutte le operazioni messe in atto precedentemente per riuscire a erogare quell'esame non sono visibili né tangibili. Il percorso di screening potrebbe essere paragonato a una collana di perle, cioè a un insieme di eventi in successione che devono inanellarsi in un modo ordinato e sistematico. Io credo che la rendicontazione sociale abbia tra i suoi obiettivi quello di dare visibilità a questi eventi, ma non solo. Forse lo scopo principale della rendicontazione è soprattutto quello di avviare una riflessione su sé stessi che però dovrebbe sempre rivolgere uno sguardo verso l'esterno. Per chiarire questo concetto, di solito ricorro all’immagine della circonferenza, il cui centro corrisponde allo screening. Normalmente, quando si studia un fenomeno, ci si posiziona sulla circonferenza e si guarda verso il centro, la rendicontazione sociale è esattamente l’opposto, cioè ci si posiziona sulla circonferenza e si guarda quello che c’è all’esterno, in questo senso significa rianalizzare il processo da un punto di vista differente o meglio facendo propri diversi punti di vista, dell’utenza alla quale ci rivolgiamo e degli altri stakeholder. L’ideale sarebbe coinvolgere tutte le figure interessate nel processo di rendicontazione sociale ex stante e non ex post, che è invece quello che si fa abitualmente in sanità. Questo significa che la rendicontazione dovrebbe offrire una metodologia ma soprattutto un approccio mentale ai problemi che possono presentarsi nel contesto sanitario pubblico, considerando sin dall'inizio della progettazione tutti i punti di vista, nel nostro caso specifico, di un programma di screening e offrendo la possibilità di discutere su singoli aspetti. La rendicontazione sociale ha quindi l’obiettivo di fornire uno strumento di analisi, ingaggiando noi e stakeholder nel processo valutativo e decisionale.

2. L’Ausl - Irccs di Reggio Emilia è stata uno dei centri partecipanti al progetto Ccm di stesura del bilancio sociale dello screening del collo dell’utero. Può descriverci in che modo è stato declinato l’obiettivo del progetto nell’esperienza di Reggio Emilia?
Come specificato nella domanda precedente, la finalità principale del progetto era di fornire uno strumento per redigere il bilancio sociale negli screening, attraverso un percorso formativo rivolto non solo alla direzione aziendale ma anche alle associazioni del terzo settore e, nel caso dell’Ausl di Reggio Emilia, alle ostetriche e ai professionisti del secondo livello impegnati nello screening del collo dell’utero e in generale nei programmi di screening. Riprendendo l’immagine precedente, l’obiettivo era portare sin dall'inizio all'interno della circonferenza i vari attori coinvolti nei programmi di screening per responsabilizzare tutti i soggetti interessati e metterli nelle condizioni di stilare un bilancio sociale che desse conto dell’impegno profuso per rendere visibile e tangibile all’utenza il lavoro svolto dall’azienda. Per quanto mi riguarda il mio impegno al progetto Ccm ha significato, oltre che collaborare alla redazione delle LG e del bilancio sociale dello screening del collo dell’utero, anche realizzare il video Screening per la prevenzione e diagnosi precoce del tumore del collo dell'utero, un esempio di partecipazione e inclusività all’interno di un’iniziativa di promozione di adesione allo screening cervicale. Ogni collega ha dato il proprio contributo, chi curando la redazione del bilancio, chi impegnandosi nella stesura delle LG per garantirne una riproducibilità anche in altre aziende ed evitare di darne una veste troppo locale. Aggiungerei un aspetto particolarmente importante e significativo in relazione agli obiettivi del progetto, cioè il concetto di impatto sociale delle prestazioni che forniamo all’utenza.
A tal proposito, vorrei raccontare un episodio accaduto nel periodo post pandemia di Covid-19, che è coinciso con l’apertura di un nuovo consultorio per lo screening del collo dell’utero, collocato all’interno dell’area ospedaliera ma in un edificio separato poco noto e difficile da raggiungere, soprattutto per le nuove utenti. Nonostante sulla lettera di invito allo screening fosse indicata la sede del consultorio “dietro le camere mortuarie”, le donne arrivavano spesso in ritardo all’appuntamento perché l’indicazione risultava poco chiarificatrice. Un giorno che mi trovavo in sede, casualmente avevo ascoltato la conversazione di tre utenti all’esterno dell’edificio che si confrontavano proprio sulla difficoltà di raggiungere la sede del consultorio. Decisi di uscire per chiedergli quale indicazione secondo loro sarebbe potuta essere più utile, ma loro stesse non furono in grado di darmi una risposta e ragionando decisi di inserire nella lettera di invito le coordinate google che attraverso un qualsiasi cellulare permettevano di raggiungere la sede molto facilmente. Questo è un ottimo esempio di cosa vuole dire ripensare le cose in funzione di chi usufruisce di una prestazione sanitaria. Partecipare al progetto ha significato anche porsi in ascolto dell’altro perché la soluzione era davvero banale. Credo che questi progetti debbano agire anche sul nostro modo di pensare al di là della metodologia espressa nelle LG, dal mio punto di vista un progetto funziona se ci lascia un’“impronta” che poi verrà approfondita e sviluppata. Nella rendicontazione sociale dello screening del collo dell’utero della nostra azienda abbiamo infatti voluto includere un questionario somministrato a circa 800 per ricevere un feedback non solo sulla raggiungibilità delle sedi dei consultori, ma anche su quanto siano accoglienti e sugli operatori. Questo è stato un punto fondamentale per noi, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, ed è stato anche un modo per ricominciare ad aprire un dialogo con l'utenza.

3. Può darci una definizione di bilancio sociale in sanità?
In generale, il bilancio sociale in sanità è collegato al concetto di “accountability”, che significa rendere trasparenti processi che culminano nell'erogazione di una prestazione sanitaria che, come già detto, prevede in realtà una serie di operazioni e di investimenti finanziari e impiego di risorse che vanno appunto rendicontati. Deve però essere precisato che il bilancio sociale non rende conto soltanto dell’impatto sanitario ma anche dell’impatto sociale della prestazione sanitaria. Abitualmente, infatti, si tende a rimanere focalizzati sulla prestazione sanitaria, ma il bilancio sociale in sanità dovrebbe includere anche un’analisi dell'impatto sociale di ciò che eroga un’azienda sanitaria. Nel bilancio sociale si cerca di esplicitare in modo chiaro e comprensibile a tutti, l’importanza di eseguire una prestazione sanitaria, per esempio uno screening oncologico, in termini di qualità e anni di vita guadagnati correlati alla diagnosi precoce, ma anche i limiti del percorso come il sovra-trattamento o la possibilità di cancri intervallari. Più difficile è misurare l’impatto sociale indiretto che potrebbe consistere, ad esempio, nel tempo che è necessario impiegare per sottoporsi a un esame diagnostico, piuttosto che l’ansia nell’attesa dell’esito dell’esame. Considerando di nuovo il periodo post pandemia di Covid-19, in molte realtà nel post Covid è stata registrata una minore adesione dei cittadini ai programmi di screening;  in particolare nel caso dello screening per il collo dell’utero dell’Ausl di Reggio Emilia molte donne hanno riferito più problemi lavorativi o di organizzazione famigliare a partecipare allo screening rispetto a prima della pandemia. Sarebbe quindi importante riuscire a cogliere nella rendicontazione sociale anche questi aspetti e analizzarli per promuovere più efficacemente l’adesione consapevole dei cittadini ai programmi di prevenzione oncologica. Un altro esempio riguarda l’invito ad eseguire gli approfondimenti in seguito a test di 1° livello positivo; abbiamo riscontrato che i genitori di figli diversamente abili partecipano meno ai programmi di screening giustificandolo con una mancanza di tempo, ma se si prova a instaurare con loro un dialogo costruttivo si può far comprendere che non dedicare tempo a sottoporsi a un controllo potrebbe tradursi un domani in un’assenza molto più prolungata per la propria famiglia a causa della malattia. In virtù di questa osservazione, è stato realizzato il video Screening per la prevenzione e diagnosi precoce tumore collo dell'utero, di cui ho accennato precedentemente. Nell’ottica di raggiungere in modo immediato e fruibile tutti i cittadini, abbiamo voluto coinvolgere anche i ragazzi con disabilità cognitiva del progetto Strade – Autonomia, Cittadinanza, Occupabilità. Questo prodotto, che rappresenta il primo video in Italia incentrato sulla promozione dell’adesione allo screening del collo dell’utero con traduzione in Lis (Lingua dei segni italiana), rispecchia l’obiettivo di equità e inclusività nell’accesso alle prestazioni sanitarie e nella partecipazione alle campagne di promozione dell’adesione agli screening oncologici. In tal senso, ci tengo a sottolineare anche l’impegno dell’azienda per cui lavoro nel destrutturare gli stereotipi e le disuguaglianze di genere, con la scelta di coinvolgere un’ostetrica di sesso maschile nel video e una persona transgender nella copertina del documento “Bilancio sociale dello screening del collo dell’utero di Reggio Emilia”. Questo progetto e i suoi esiti riflettono molto bene il nostro concetto di sanità pubblica e bilancio sociale nei programmi di screening oncologici, permettendomi di dare visibilità a questi temi e di portare avanti la nostra “impronta”, che è anche quella dell’Ausl di Reggio Emilia. Credo che il bilancio sociale offra l’occasione di riesaminare la mission e la vision dell’Azienda sanitaria, dando concretezza ai valori di equità, inclusività e centralità del cittadino, nei quali il centro screening che coordino si rispecchia integralmente. In un evento organizzato a dicembre 2021 sugli screening oncologici, rivolto alla cittadinanza, alle scuole e agli utenti dei laboratori socio-occupazionali, il concetto fondamentale che è emerso è stato quello del “tempo della prevenzione”, che è un tempo inconsistente e intangibile perché legato a qualcosa che può avvenire domani se non si fa un'azione di prevenzione oggi, e in questo senso le famiglie con persone diversamente abili si confrontano ogni giorno con problemi che vanno risolti nel tempo presente, procrastinando o non dedicando il tempo necessario alla prevenzione. Durante questa giornata, è stato prodotto il video Fallo x Te-mpo per sensibilizzare la cittadinanza ai temi della prevenzione e della promozione di sani stili di vita. Lo slogan “Fallo x te-mpo” può essere considerato il filo conduttore dei nostri progetti volti ad avvicinare le persone all’idea del prendersi cura di sé e della comunità in cui vivono. L’esperienza di Reggio Emilia può sintetizzarsi in tre parole: coesione, inclusione e comunicazione. Tre aspetti che ho cercato di mettere in luce nella rendicontazione sociale dello screening del collo dell’utero. A partire da questa esperienza, in collaborazione con alcuni enti locali, è stato avviato un nuovo progetto per avvicinare le famiglie di utenti portatori di disabilità alla prevenzione oncologica: in un primo momento raccoglieremo, tramite un breve questionario, alcune informazione sulla conoscenza e partecipazione agli screening oncologici, con particolare attenzione alle barriere all’adesione.

4. Può descriverci i vantaggi della rendicontazione sociale nei programmi di screening oncologico organizzato e le fasi di realizzazione del bilancio sociale?
La rendicontazione sociale nei programmi di screening presenta numerosi vantaggi interni ed esterni, come riportato nelle LG. In particolare ci permette di monitorare e comunicare l’efficacia dei programmi stessi, mappare fasi, attività e ruolo dei soggetti coinvolti, strutturare un dialogo con i principali interlocutori e incorporare il loro punto di vista all’interno del processo di screening, responsabilizzare i diversi attori nel perseguimento dell’obiettivo comune della prevenzione oncologica, diffondere la cultura della prevenzione attraverso un’informazione chiara e comprensibile anche ai cittadini delle finalità sociali e sanitarie dei programmi di screening, etc. Il bilancio sociale è stato redatto sulla base del metodo “Refe - Rendersi conto per rendere conto” che si sviluppa in due fasi: il rendersi conto che esplicita in modo condiviso e partecipato con i soggetti interni elementi identitari e priorità strategiche, verifica attività realizzate e risorse allocate e imposta una misurazione rigorosa di risultati, effetti e impatti ottenuti; il rendere conto - esito del rendersi conto - che attiva una comunicazione di senso che rappresenta in modo credibile e verificabile il valore economico, sociale e ambientale prodotto. I contenuti del bilancio sociale dei programmi di screening si focalizzano sui seguenti aspetti: identità, organizzazione e risorse, obiettivi, attività e risultati. Ciascuno di essi può essere adattato alle specificità della singola azienda sanitaria e del singolo programma di screening.

5. Ci vuole lasciare una riflessione conclusiva su questo percorso a cui ha partecipato con la sua azienda?
Nonostante sia stato un lavoro impegnativo, siamo tutti molto soddisfatti del percorso progettuale perché ci ha permesso di ripensare e rianalizzare alcuni aspetti del nostro operato, di interagire con l'utenza e di dare una nostra connotazione personale al processo di rendicontazione sociale.
A Reggio Emilia il tasso di adesione allo screening cervicale è molto alto e questo risultato affonda le sue radici nella storia dei consultori di Reggio Emilia, che inizia negli anni 70 con i primi ambulatori ostetrici territoriali. Una piccola parte del bilancio sociale è proprio dedicata alla storia dello screening cervicale a Reggio Emilia, che compie 25 anni. Nelle pagine del bilancio sociale dello screening del collo dell’utero abbiamo voluto inserire anche il ricordo di una collega e la foto dell’ostetrica che aprì il primo ambulatorio dedicato alla citologia cervico vaginale a Reggio Emilia. Il documento ripercorre questa storia e fa comprendere come l’alta adesione allo screening riscontrata a Reggio Emilia sia stata costruita negli anni.
La rendicontazione sociale mi ha quindi dato l’opportunità di studiare questa storia, attraverso la ricerca e la consultazione dei documenti storici. Questo lavoro di ricerca è stato anche l'occasione per rimettere in ordine tutte le azioni intraprese in tanti anni di attività del centro screening e soprattutto dare il giusto riconoscimento ai consultori che hanno fatto e continuano a fare tanto. Il bilancio sociale rappresenta il mio lascito all'azienda, alle ostetriche e alla popolazione per raccontare e testimoniare come lo screening cervicale organizzato, gratuito, attivo e capillare sul territorio si sia radicato nella cultura femminile come conquista e diritto della donna all’autodeterminazione e all’accesso ai servizi consultoriali grazie ai movimenti femministi degli anni 70, che sono stati molto forti a Reggio Emilia.

Per approfondire:

 

6 marzo 2023