Studio pilota sulla prevalenza dell’Hpv in Bolivia

A luglio 2022 è stato pubblicato su The Lancet Oncology (Volume 23, Special Issue 1S1-S41) l’abstract Feasibility of self-sampling and human papillomavirus testing in rural and urban areas for cervical cancer prevention in Bolivia: an observational study, presentato al The Lancet Summit: Cancer care in Asia and Latin America 2022. Lo studio pilota, che ha avuto l’obiettivo di stimare la prevalenza dell’infezione da Hpv in Bolivia, è stato finanziato dall’Aics (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo) e condotto in collaborazione con l’Ispro (Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica) della regione Toscana.
Francesca Maria Carozzi, già direttore del Laboratorio regionale prevenzione oncologica dell’Ispro della regione Toscana, ci illustra le tappe del progetto da lei coordinato e i risultati raggiunti.

1.  Com’è nata la partecipazione dell’Ispro della regione Toscana a questo studio sulla prevalenza dell’infezione da Hpv delle donne boliviane, finanziato dall’Aics di La Paz?
L’Aics (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), che fa capo al ministero degli Affari Esteri con sede centrale a Roma, ha diverse sedi in tutto il mondo e una di queste è a La Paz, in Bolivia, dove è stato finanziato il Programma di assistenza tecnica al ministero della Salute boliviano. Tra i progetti promossi nell’ambito del programma, rientrava anche un intervento sulla prevenzione del carcinoma della cervice uterina per il quale sono stata contattata dalla sede dell’Aics di Roma chiedendomi se ero disponibile a parteciparvi.
A dicembre nel 2018 sono quindi partita per la Bolivia e accompagnata dai responsabili dell’Aics di La Paz ho visitato varie aree del Paese per verificare la fattibilità di un programma di screening per Hpv in Bolivia e proporre un progetto.

2.  Qual è stato il ruolo dell’Ispro nel progetto?
Il progetto è stato approvato dall’Aics di Roma e da quella di La Paz e alla fine del 2019 è stata stipulata una convenzione tra l’Aics di La Paz e l’Ispro, affinché ne supportasse attivamente la realizzazione.
Nella prima fase il ruolo dell’Ispro è stato quello di individuare le zone in cui realizzare il progetto e definire le logistiche e le modalità tecniche e organizzative di gestione. L’Ispro ha quindi individuato un gruppo di lavoro che mi avrebbe affiancato in questo progetto.
La seconda fase prevedeva delle missioni in Bolivia per fornire un supporto logistico e organizzativo, formare il personale coinvolto nelle varie fasi e nell'esecuzione dei test, definire i dati da raccogliere, preparare i database e procedere infine all’elaborazione dei risultati.
Il progetto ha avuto un iter complesso a causa dell’emergenza pandemica di Covid-19 scoppiata a marzo 2020, che tra l’altro mi ha costretto ad anticipare il rientro in Italia, supportando poi la campagna di screening e i colleghi boliviani a distanza.
Durante la prima fase sono state individuate tre zone, una urbana e due rurali, in cui realizzare il progetto: La Paz, Torotoro e Acasio. Se nella città di La Paz poteva essere fattibile individuare un laboratorio di biologia molecolare dove effettuare i test Hpv, sin da subito era emerso che nelle aeree rurali questo non era possibile e anche trasportare i campioni da un paese all’altro poteva essere complicato. Le due zone rurali (Torotoro e Acasio) si trovano nello stesso distretto e distano l’una dall’altra circa 65 kilometri, ma per percorrere questa distanza sono necessarie 3 ore e 30 minuti. Anche inviare lettere di invito per lo screening non era fattibile, così come era difficile avere personale dedicato per i prelievi alle donne. Quindi sono state organizzate delle campagne informative attraverso la radio e la distribuzione di depliant informativi alla popolazione locale in modo da invogliare le donne a recarsi nei centri di salute.
Per ovviare alla carenza di personale è stata fatta la scelta dell’auto prelievo e per i test Hpv sono state utilizzate delle apparecchiature di biologia molecolare di piccole dimensioni, facilmente trasportabili da un luogo all'altro, completamente automatiche e molto semplici da usare con un intervento minimo da parte di un operatore, ma che al contempo forniscono risultati assolutamente affidabili e in pochissimo tempo (in un’ora circa).

3.  Perché è stato importante promuovere un programma di screening dell’infezione da Hpv ad alto rischio in Bolivia?
In America Latina il carcinoma della cervice uterina rappresenta un importante problema di sanità pubblica. La Bolivia ha una delle incidenze più alte del mondo, 36 casi per 100.000 donne con un tasso di mortalità che è di 18 casi per 100.000 donne (il più alto dell’America Latina). In Italia l'incidenza è di 4 casi per 100.000 donne con un tasso di mortalità standardizzato per età pari a 1,5 casi per 100.000 donne. Nel 1980, quando in Italia sono iniziati i programmi di screening per il carcinoma della cervice uterina, l’incidenza era di 14 casi per 100.000 donne.
Questi numeri dimostrano quanto sarebbe importante avviare una campagna di screening con Hpv in Bolivia.
Nel 2018 il ministero della Salute boliviano ha comunque avviato una campagna di vaccinazione destinata alle dodicenni che raggiunge tassi di copertura abbastanza buoni, intorno al 60%.

4.  Il progetto ha valutato anche la fattibilità di un protocollo di screening basato sul test Hpv con auto prelievo. Qual è stata l’accettazione e soddisfazione delle donne arruolate nel programma pilota rispetto al test Hpv?
I kit di auto prelievo sono in commercio da diversi anni e ci sono moltissime esperienze di utilizzo dell’auto prelievo. Laddove sono già attivi programmi di screening con Hpv l’auto prelievo viene utilizzato per meglio raggiungere le donne non rispondenti, cioè che non aderiscono allo screening per motivi religiosi o culturali, ma in aeree del mondo più povere con poche infrastrutture viene utilizzato su tutte le donne. Inoltre, durante e dopo la pandemia di Covid-19, il suo utilizzo ha rappresentato un’opportunità per recuperare i ritardi accumulati per lo screening della cervice.
L’accettazione e soddisfazione delle donne arruolate sono state molto buone, sia per la metodica dell’auto prelievo sia per la rapidità dei risultati del test per Hpv.
Occorre infatti precisare che in Bolivia è attivo un programma di screening con il pap test (no invito attivo) ma ha un’adesione molto bassa e tempi di risposta di un pap test anche di sei mesi.
In questo progetto la donna che raggiungeva il centro di salute per fare l'auto prelievo ne usciva già con la risposta negativa o positiva al test Hpv.
Il progetto ha seguito il protocollo americano e un test Hpv che consentiva una contestuale genotipizzazione parziale. Le donne positive ai sierotipi 16, 18, 45 venivano indirizzate all’esecuzione della colposcopia, mentre le donne positive agli altri genotipi ad alto rischio effettuavano un pap test.

5.  Cosa hanno mostrato i risultati dello studio?
I risultati dello studio, che sono stati presentati a “Eurogin 2022” e al “The Lancet Summit: Cancer care in Asia and Latin America”, hanno dimostrato che la prevalenza dell’infezione da Hpv in Bolivia (12%) è molto simile a quella rilevata in Europa e negli USA (< 10%). Questi risultati sono importanti perché dimostrano la fattibilità di un protocollo di screening basato sul test Hpv con auto prelievo ed evidenzia che l’elevata prevalenza di cancro cervicale in Bolivia è legata alla mancanza di programmi di prevenzione secondaria e non a una maggiore frequenza dell’infezione da Hpv.
Se si riuscisse a estendere un programma di screening per Hpv con auto prelievo alla maggior parte della popolazione, si potrebbe concretamente ridurre la mortalità per carcinoma della cervice uterina in Bolivia.

6.  Com’è stata la collaborazione delle strutture sanitarie boliviane al progetto?
Ho visto tanta collaborazione e interesse nel portare avanti questo progetto. Certamente il fatto che ci siamo trovati in piena pandemia ha reso più complicata la conduzione dello studio, iniziato il primo dicembre e concluso il 30 giugno 2021.
I colleghi dell’Aics di La Paz e il personale dei centri di salute boliviani sono comunque riusciti a coinvolgere più di 2000 donne, realizzando il più grande studio sulla prevalenza delle infezioni da Hpv in Bolivia.

7.  Quali sono le prospettive future del programma in Bolivia e in altri contesti?
Mi auspico che ci possa essere un ulteriore step di avanzamento del progetto, cioè un’implementazione del programma di screening nell’intero Paese. Attualmente l’Oms sta conducendo un analogo progetto di screening per Hpv in tutta l'America Latina e quindi si aggiungeranno altri dati che, insieme a quelli del nostro studio, potranno supportare il ministero della Salute boliviano nella diffusione ad ampio raggio di test di screening per Hpv con auto prelievo.
Questo sarebbe un importante contributo per raggiungere gli obiettivi del piano dell’Oms per eradicare i tumori della cervice uterina, che prevede di avere entro il 2030 il 90% delle donne sopra i 15 anni completamente vaccinate contro l'Hpv, il 70% sottoposte a screening a 35 e 45 anni e il 90% delle donne a cui viene diagnosticato il tumore di ricevere il trattamento.
Ci vorrà del tempo ma credo che siamo sulla strada giusta. Uno dei punti fondamentali sarà ridurre i costi dei test Hpv in paesi, come la Bolivia, a basso reddito.
Certamente il fatto che i risultati del progetto siano stati presentati a “Eurogin 2022” e al “The Lancet Summit: Cancer care in Asia and Latin America” con la pubblicazione dell’abstract su un numero dedicato di The Lancet Oncology ha dato un notevole risalto all’iniziativa, che spero abbia ritorni importanti per le donne della Bolivia.

Per approfondire:

14 settembre 2022