Paola Mantellini - Osservatorio Nazionale Screening
Questo rapporto presenta i dati sui programmi di screening oncologico relativi al 2020, cioè di un anno in cui i programmi di screening hanno sofferto fortemente, sia perché è stato molto difficile recuperare i ritardi dal punto di vista organizzativo, sia perché, anche di fronte agli sforzi per garantire una offerta il più possibile adeguata, la popolazione ha partecipato meno. I dati di estensione e adesione rilevati dall’Osservatorio Nazionale Screening così come l’indagine campionaria Passi confermano quanto evidenziato nelle quattro indagini condotte in periodo pandemico e pubblicate su questo stesso sito.
Pur non essendo ancora disponibili i dati consolidati, sappiamo già che anche il 2021 è stato un anno di sofferenza, con differenze importanti, in termini di recupero, tra una Regione e l’altra. Solo pochissime Regioni, infatti, sono riuscite a colmare completamente il ritardo maturato, mentre ve ne sono diverse che sono state in grado di garantire l’offerta a tutta la popolazione che ne aveva diritto nel 2020 solo effettuando uno slittamento al 2022 degli inviti alla popolazione che ne aveva diritto nel 2021. Altre ancora non sono state grado di recuperare il ritardo maturato nel 2020 e in alcune realtà, come si dice in gergo, è proprio saltato un round, si è perso cioè, un anno di inviti.
Quando l’entità del ritardo è stata rilevante o, peggio, quando si è addirittura saltato un round è fortemente probabile che si siano generati dei ritardi diagnostici, evenienza che è stata presentata e discussa in diversi contesti. In sostanza, dal punto di vista dello screening non abbiamo vissuto una pandemia, ma piuttosto una vera e propria sindemia, con un numero importante di diagnosi mancate o comunque di casi diagnosticati in fase più avanzata. Non solo, i dati Passi hanno messo in evidenza quello che si temeva e cioè che i differenziali socio-economici osservati nel triennio 2017-2019 si sono amplificati, confermando un aumento delle diseguaglianze. Con la sindemia si è quindi ridotta quella capacità di ri-equilibrio sociale caratteristica dei programmi di screening organizzato.
Se tuttavia allarghiamo la nostra visuale, possiamo affermare che alcune realtà non erano in grado di assicurare l’offerta di screening già da prima dell’emergenza pandemica. Quindi in alcuni contesti si potrebbe dire che “è piovuto sul bagnato”.
Partita aperta sul futuro
E quindi cosa possiamo prevedere per il futuro? Come molti altri ambiti della sanità pubblica, anche gli screening organizzati sono affetti da problematiche di tipo strutturale: per esempio la mancanza di una serie di figure professionali, sia in generale (come i radiologi) sia in particolare, come la carenza di professionisti con competenze in ambito di screening oncologico. La formazione specifica sullo screening oncologico organizzato è infatti limitata a pochi corsi di studio e l’acquisizione delle competenze specifiche si realizza pressoché esclusivamente sul campo. A queste criticità, dovute a un difetto di previsione e a una mancanza di programmazione che si sono aggravate negli anni, se ne associano altre più specifiche e spesso legate al contesto. Alla carenza di risorse, sia di personale dedicato che di tecnologia (carenza che si è accentuata durante la pandemia) si associa un depauperamento di competenze organizzativo-gestionali che spesso contribuisce alla non adeguata allocazione delle risorse esistenti.
Eppure nonostante questo elenco di criticità, la partita è ancora aperta e senz’altro ci sono strade da percorrere per migliorare. In particolare per garantire una offerta più elevata e più omogenea riducendo le differenze osservate, la Linea di supporto centrale 10 del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025 traccia degli indirizzi precisi. Infatti la sfida che ci si pone davanti, e che le singole Regioni hanno recepito nei propri Programmi liberi sugli screening oncologici, prevede il potenziamento dei coordinamenti multidisciplinari regionali di screening, la cui funzione di supporto e di monitoraggio è essenziale per il buon andamento dei programmi aziendali. Molte delle carenze osservate sono dovute alla debolezza dei coordinamenti regionali che non hanno avuto la possibilità di esercitare le proprie funzioni. Peraltro la presenza di coordinamenti efficienti risponde alle logiche dei sistemi a rete, così come lo screening si è dimostrato essere anche durante questo ultimo difficilissimo biennio.
Costruire coordinamenti regionali efficienti però non basta, è necessario ripensare ai modelli organizzativi sia perché nuove evidenze di efficacia ci indirizzano in tal senso sia perché dobbiamo tenere conto della sostenibilità del nostro sistema. È quindi venuto il momento di impegnarsi in uno sforzo per definire i requisiti tecnici, organizzativi e professionali la cui applicazione debba essere condivisa e realizzata da parte di tutte le Regioni e il cui monitoraggio sia ragionato e concordato anche con il Ministero della Salute. Queste azioni e iniziative si inseriscono a pieno titolo nelle logiche di cambiamento sottese alla Missione 6 sulla salute del PNRR e proprio per questo ci si augura che il modello dello screening oncologico organizzato, così come l’impianto culturale alla sua base trovino ampio spazio nella declinazione operativa del Decreto ministeriale 71.
Infine, un forte governo dello screening organizzato sarà necessario per ottemperare alle nuove raccomandazioni del Consiglio Europeo che oltre a chiedere di garantire l’offerta di screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colonretto ad almeno il 90% della popolazione avente diritto, comprendono anche precise indicazioni affinché siano implementati progetti pilota e trial anche per quanto riguarda nuove patologie come il tumore del polmone o quello della prostata.
Lo stato degli screening nel 2020
Di seguito i numeri assoluti considerando tutti gli screening e tutte le fasce di età: più di 9 milioni di inviti (9.379.419) e 3 milioni e mezzo di test eseguiti (3.594.826).Come già anticipato nelle indagini quantitative effettuate durante la pandemia, l’andamento positivo della copertura osservato negli anni precedenti si è fatalmente arrestato e si sono registrati oltre 4 milioni di inviti e 2 milioni di esami in meno, con una riduzione degli indicatori di estensione e adesione in tutte le macro aree considerate.
Queste osservazioni sono in sintonia con i dati Passi che completano, come sempre, questo rapporto.
È opportuno ricordare che l’indagine quantitativa Ons e l’intervista telefonica campionaria Passi sono metodi differenti di indagine: in linea generale la survey Ons tende a sottostimare la reale copertura dei programmi organizzati, mentre la survey Passi tende a sovrastimarla. Questi due approcci, insieme, descrivono compiutamente la situazione reale dei programmi di screening, spaziando dalla valutazione delle performance di processo e di esito alla analisi dei differenziali demografici e socioeconomici.
Di seguito l’estensione degli inviti fra il 2011 e il 2020, sia complessiva, sia suddivisa per macro aree. Per estensione degli inviti intendiamo la percentuale di persone della popolazione target annuale invitata nell’anno in questione.
Screening mammografico
La Figura 1 riporta i dati dell’estensione effettiva nella fascia di età 50-69 fra il 2011-2020 in Italia e nelle tre macro aree. Come si può vedere, nel 2020 il valore di copertura si è ridotto di 29 punti percentuali rispetto al 2019 (59% versus 88%) con 2.593.288 inviti effettuati. Le maggiori criticità si osservano al Nord con un calo di 42 punti percentuali (59% versus 101,7%) e al Sud con una riduzione pari a 23 punti percentuali (43% versus 66%), mentre la macro area Centro sembra essere stata maggiormente resiliente con un calo di soli 10 punti percentuali (87% versus 97%). Per quanto riguarda la classe di età 45-49enne, nel 2020 sono state invitate 275.454 donne pari a circa il 12% della popolazione bersaglio, un calo di 98.000 inviti in meno rispetto al 2019, dove si riusciva ad invitare il 15% di questa popolazione. Per quanto riguarda le 70-74enni, nel 2020 ne sono state invitate 228.542 (circa 67.000 in meno rispetto all’anno precedente), pari a circa il 26% della popolazione target.
Figura 1. Estensione effettiva dello screening mammorrafico per area geografica (% di donne di età 50-69 anni che ricevono la lettera di invito alla popolazione target dall’anno 2011 al 2020)
Screening cervicale
La figura 2 riporta l’andamento della copertura degli inviti per lo screening cervicale. Nel 2020 sono state invitate allo screening cervicale 2.598.295 donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni, attestandosi quindi l’estensione degli inviti all’64,7%, in sensibile calo rispetto al 2019. Come nell’anno precedente si è tenuto conto del diverso intervallo previsto per il test Hpv (5 anni) rispetto al Pap-test (3 anni). Il numero di programmi attivi con Hpv a livello nazionale è sostanzialmente stabile rispetto al 2019. Nel 2020, sono state invitate a un Pap-test 1.223.873 donne, mentre 1.374.422 sono state chiamate a test Hpv. Rispetto all’anno precedente si osserva una riduzione complessiva di 24 punti percentuali, con un calo di circa 7 punti percentuali al Centro (che comunque garantisce livelli ottimali di estensione) e importanti variazioni al Nord (30 punti percentuali) e al Sud e isole (26 punti percentuali).
Figura 2. Estensione effettiva dello screening cervicale per area geografica (% delle donne fra 25 e 64 anni di età che ricevono la lettera di invito alla popolazione target dall’anno 2011 al 2020)
Screening Colorettale
Nel 2020 sono stati invitati poco più di 4 milioni di cittadini (4.159.765) di età compresa tra i 50 e i 69 anni a eseguire il test di per la ricerca del sangue occulto (Sof) e 28.071 soggetti di 58 anni a eseguire la rettosigmoidoscopia come test di screening. Lo screening colorettale, infatti, prevede in quasi tutta l’Italia la ricerca del sangue occulto nelle feci, mentre il Piemonte vede la proposta della rettosigmoidoscopia una volta nella vita a 58 anni di età e la ricerca del sangue occulto per coloro che non accettano l’esame endoscopico. Relativamente alla fascia di età 70-74 anni, rispetto ai 430.748 invitati nel 2019, nel corso del 2020 sono stati complessivamente 267.401 le persone con oltre 70 anni invitati allo screening colorettale, pari al 6% del volume complessivo degli inviti.
La figura 3 riporta l’andamento della copertura dei 50-69enni dal 2011 al 2020 complessivamente e per le tre macro aree. Il valore di estensione registrato in Italia nel 2020 è risultato pari al 51,1%, ridotto di quasi 24 punti percentuali rispetto al 2019 (75%). La riduzione di estensione è stata maggiore al Nord (53,3% versus 91,4%), mentre più contenute sono risultate le differenze percentuali al Centro e al Sud pari a 10 e 15 punti percentuali, ma i valori sono sensibilmente diversi infatti al Centro l’estensione è stata pari all’85,5% e al Sud al 28%.
Figura 3. Estensione effettiva dello screening colorettale per area geografica (% di persone di età 50-69 anni che ricevono la lettera di invito alla popolazione target dall’anno 2011 al 2020)